Ossido di trifenilfosfina

Ossido di trifenilfosfina
Modello dell'ossido di trifenilfosfina
Modello dell'ossido di trifenilfosfina
Struttura dell'ossido di trifenilfosfina
Struttura dell'ossido di trifenilfosfina
Nome IUPAC
Trifenil-λ5-fosfanone
Nomi alternativi
trifenilfosfinossido
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC18H15OP
Aspettosolido
Numero CAS791-28-6
Numero EINECS212-338-8
PubChem13097
SMILES
C1=CC=C(C=C1)P(=O)(C2=CC=CC=C2)C3=CC=CC=C3
Proprietà chimico-fisiche
Densità (g/cm3, in c.s.)1,2[1]
Solubilità in acquapoco solubile
Temperatura di fusione155–158 °C (428–431 K)[1]
Temperatura di ebollizione>360 °C (633 K)[1]
Proprietà termochimiche
C0p,m(J·K−1mol−1)312,5[2]
Indicazioni di sicurezza
Punto di fiamma180°[1]
Simboli di rischio chimico
irritante
Frasi H302 - 412 [1]
Consigli P273 [1]
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L'ossido di trifenilfosfina è il composto organofosforico con formula OP(C6H5)3, usualmente scritta come OPPh3 o Ph3PO. Disponibile in commercio, in condizioni normali è un solido cristallino incolore, scarsamente solubile in acqua ma solubile in solventi organici polari. Si ottiene in genere come prodotto finale di scarto in numerose reazioni organiche coinvolgenti la trifenilfosfina.[3] Trova applicazione come reagente per facilitare la cristallizzazione di composti chimici.[4]

Struttura

OPPh3 è una molecola tetraedrica, con l'atomo di fosforo in posizione centrale.[5][6] Dal punto di vista cristallografico si conoscono più polimorfi.[7][8][9][10] I più noti sono:

Sintesi

Campione di ossido di trifenilfosfina.

L'ossido di trifenilfosfina fu ottenuto per la prima volta da August Michaelis nel 1882.[11] Il legame P=O è molto forte, e di conseguenza il composto si ottiene facilmente dalla trifenilfosfina trattandola con ossidanti vari quali acido nitrico, diossido di manganese, permanganato di potassio, perossido di idrogeno, e anche con il semplice ossigeno atmosferico.[3][5][6] Per questo campioni di trifenilfosfina lasciati all'aria risultano contaminati da OPPh3.

Reattività

L'ossido di trifenilfosfina è un composto molto stabile. La rigidità della molecola e la relativa basicità dell'atomo di ossigeno fanno sì che OPPh3 sia comunemente usata per la cristallizzazione di molecole di cui sia altrimenti difficile ottenere cristalli. Questo perché OPPh3 è un buon accettore di protoni e forma complessi con numerose sostanze organiche che abbiano protoni acidi.[4]

Come sottoprodotto in chimica organica

In chimica organica OPPh3 si forma in quantità stechiometrica come sottoprodotto in molte reazioni, tra le quali la reazione di Wittig, di Staudinger e di Mitsunobu. Separare il sottoprodotto OPPh3 dalla miscela di reazione può in vari casi risultare difficile. Se il prodotto desiderato è facilmente solubile in solventi come esano o etere dietilico si può ottenere una buona separazione per semplice triturazione in questi solventi, dove OPPh3 è insolubile. Un'altra possibilità è usare Mg(II) che con OPPh3 forma un complesso insolubile in toluene o diclorometano, separabile per filtrazione.[12] In solventi polari come etanolo, acetato di etile e tetraidrofurano l'aggiunta di ZnCl2 provoca la precipitazione di un complesso insolubile che può essere filtrato.[13] Sono anche stati studiati vari metodi per recuperare la OPPh3 di scarto rigenerando trifenilfosfina. Esistono vari agenti deossigenanti, come fosgene e triclorosilano.[14]

Come legante in chimica di coordinazione

NiCl2(OPPh3)2

OPPh3 può fungere da legante e preferisce coordinarsi a ioni metallici classificati duri secondo la teoria HSAB. Un esempio è il complesso tetraedrico NiCl2(OPPh3)2.[15]

Note

Bibliografia

  • (EN) K. A. Al-Farhan, Crystal structure of triphenylphosphine oxide, in Journal of Crystallographic and Spectroscopic Research, vol. 22, 1992, pp. 687–689, DOI:10.1007/BF01160986.
  • (EN) G. Bandoli, G. Bortolozzo, D. A. Clemente, U. Croatto e C. Panattoni, Crystal and molecular structure of triphenylphosphine oxide, in J. Chem. Soc. A, n. 0, 1970, pp. 2778-2780, DOI:10.1039/J19700002778.
  • (EN) D. C. Batesky, M. J. Goldfogel e D. J. Weix, Removal of Triphenylphosphine Oxide by Precipitation with Zinc Chloride in Polar Solvents, in J. Org. Chem., vol. 82, n. 19, 2017, pp. 9931-9936, DOI:10.1021/acs.joc.7b00459.
  • (EN) D. E. C. Corbridge, Phosphorus: An Outline of its Chemistry, Biochemistry, and Technology, 5ª ed., Amsterdam, Elsevier, 1995, ISBN 0-444-89307-5.
  • (EN) R. Engel e J. I. Cohen, Phosphorus: Organophosphorus Chemistry, in Encyclopedia of Inorganic Chemistry, 2ª ed., John Wiley & Sons, 2006, DOI:10.1002/0470862106.ia187, ISBN 9780470862100.
  • (EN) M. C. Etter e P. W. Baures, Triphenylphosphine oxide as a crystallization aid, in J. Am. Chem. Soc., vol. 110, n. 2, 1988, pp. 639-640, DOI:10.1021/ja00210a076.
  • GESTIS, Triphenylphosphine oxide, su gestis-en.itrust.de. URL consultato il 19 marzo 2020. Pagina dell'ossido di trifenilfosfina nel data base GESTIS.
  • (EN) D. M. L. Goodgame e M. Goodgame, Near-Infrared Spectra of Some Pseudotetrahedral Complexes of Cobalt (II) and Nickel(II), in Inorg. Chem., vol. 4, n. 2, 1965, pp. 139–143, DOI:10.1021/ic50024a002.
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  • (EN) G. Ruban e V. Zabel, Cryst. Struct. Commun., vol. 5, 1976, pp. 671-677.
  • (EN) A. L. Spek, Structure of a second monoclinic polymorph of triphenylphosphine oxide, in Acta Cryst., C43, 1987, pp. 1233-1235, DOI:10.1107/S0108270187092345.
  • (EN) H. A. van Kalkeren, F. L. van Delft e F. P. J. T. Rutjes, Organophosphorus Catalysis to Bypass Phosphine Oxide Waste, in ChemSusChem., vol. 6, n. 9, 2013, pp. 1615-1624, DOI:10.1002/cssc.201300368.
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